È più facile che un cammello entri nella cruna

È più facile che un cammello entri nella cruna

E’ una delle frasi più celebri in assoluto del Nuovo Testamento, e si trova sia nel Vangelo di Luca che quello di Matteo:

E’ più facile infatti per un cammello passare per la cruna d’un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio! (Luca 18:25)

Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio (Matteo 19:24)

Il significato è incontrovertibile: per godere del regno dei cieli bisogna essere poveri, poiché la ricchezza, intesa come fine a se stessa e scopo ultimo della vita, conduce alla perdizione. Molto particolare, però, è la scelta del cammello, la quale ha fatto aggrottare le ciglia a generazioni di fedeli e non.

La spiegazione potrebbe stare in un errore di traduzione: le possibilità, in tal caso, sono addirittura tre.

La prima ipotesi è che risalga ai tempi di San Gerolamo,il patrono dei traduttori, che tradusse in latino parte dell’Antico Testamento greco e successivamente l’intera Bibbia, dando vita alla Vulgata. Egli, distrattamente, potrebbe aver trascritto “kamelos” al posto del molto simile “kamilos“, che però ha un significato differente, indicando una grossa fune o una gomena di nave.

Un’altra possibilità è che si tratti di un caso di iotacismo, cioè di un errore di scrittura, frequente nei manoscritti greci, dovuto alla confusione dei grafemi “i” “ē“, “ei”, “oi” e “y”, che nel greco tardo e bizantino avevano tutti assunto la medesima pronuncia i della lettera iota.

La terza ipotesi fa riferimento alla versione aramaica e considera una possibile confusione tra i termini “gamla” (cammello) e “gamta” (filo robusto).

È più facile che un cammello entri nella cruna

In tutti e tre i casi la versione corretta sarebbe “E’ più facile che una grossa fune passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio“. Sicuramente il parallelo perderebbe di particolarità, ma il significato non cambierebbe. L’utilizzo di “gomena” inoltre sarebbe più azzeccato considerando gli interlocutori di Gesù, gli apostoli, tra cui vi erano pescatori e marinai del lago di Tiberiade, a cui il parallelo sarebbe apparso più evocativo e diretto.

Sarebbe quindi corretto correggere la traduzione di questi versetti? Non c’è coesione a riguardo. Secondo alcuni, infatti, non esistono manoscritti che riportino la variante kamilos. La versione del Vangelo sarebbe soltanto un modo eccentrico di esprimere il concetto. Dall’altro lato vi è anche chi ha sostenuto che la “cruna dell’ago” vada intesa come una strettissima porta d’ingresso a Gerusalemme, che le guide mostrerebbero ancora ai turisti desiderosi di conoscere l’origine del detto biblico: ovviamente questa porta non esiste.

Infine, vi è che si affida al Talmud babilonese (uno dei testi sacri dell’ebraismo) per far presente che anch’esso contiene un modo di dire simile, “Chi può far passare un elefante per la cruna di un ago?”, e sostenere che detti simili fossero comuni all’epoca, senza dover cercare traduzioni alternative. In fondo anche al giorno d’oggi si utilizzano espressioni particolari che studiate nel loro significato letterale appaiono assai strane, come l’inglese “It’s raining cats and dogs” per indicare un grosso temporale. Non manca però chi fa notare che il Talmud è stato redatto in forma scritta soltanto verso l’inizio del III secolo d.C.: è quindi possibile che sia proprio il Vangelo ad aver influenzato il detto citato, sgonfiando la giustificazione.

Anche perché, a onor del vero, in Palestina non ci sono elefanti.

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