Roland barthes io sono come una valigia

Piccola introduzione. Un libro impegnativo e divertente, al tempo stesso. Chiaro che per divertirsi servano (necessariamente) delle basi da cui partire. Se non si sono letti i libri da cui Barthes prende spunto, la lettura risulterà un poco più difficoltosa. In verità, il numero di questi libri non è infinito, inoltre alcuni sono piuttosto noti. Divertente lo è divenuto, oggi, a distanza di tempo. Alla prima lettura non mi era parso tale. Il gusto della sfida. Una parete da scalare, con differenti gradi di difficoltà. Una sfida appunto, per giungere alla vetta. Un lato positivo che ogni capitolo è a sè stante. Per cui si può seguire uno dei consigli di Pennac,  ossia il diritto di saltare le pagine. In verità, si potrebbero utilizzare diversi diritti del lettore, ( Come un Romanzo).Un po’ mi ha fatto pensare anche al vocabolario di Vedi alla voce : Amore. Grandissimo romanzo. Complesso. Impegnativo. Anche Grossman, tranne rare eccezioni, non è lettura per tutti. Ovvio che mi abbia riportato pure ad Eco. Eco di cui, tra non molto, inserirò Baudolino. La tradizione va mantenuta. Un inciso estemporaneo: ho scoperto di provare affetto per una persona. Questa situazione non è da me ma almeno lo ammetto. Secondo inciso: l’educazione non è cosa da tutti. Peccato. Si torna, troppo spesso, alla teoria di non attendersi nulla dagli altri. Certo, siamo tutti perfettibili. Ognuno con la propria sensibilità ed educazione. Ognuno con la propria Fede.  Visto che ci sono, mi permetto un ulteriore inciso. Vedere mia nipote divertirsi, è stato bello. A tre mesi è stata operata per un cancro. L’altro giorno, col costumino, la cicatrice sotto l’abbronzatura si intravedeva appena.  L’hanno portata ovunque, non parlo solo di ospedali. A Loreto ogni domenica. Quando si poteva, fuori. Non ha la stessa vita dei bambini della sua età, ma quasi. Quasi. E l’altro pomeriggio è stato emozionante vederla rapita dalle partite di beach volley.  E’ stato bello. Grazie, se mi leggete. Grazie. Nella fretta della partenza decisa all’ultimo minuto, neppure avevo pensato di chiamarla. Non ci fossero le mamme … così , visto che stava(no) allo stabilimento a fianco, me la sono trovata lì. Zio… che bello sentirsi chiamare così. Uno zio un po’ troppo sbadato, certe volte. Non mi commuovo facilmente, ma a ripensarci la lacrima è scesa.

Ed eccoci alla Tradizione :

Socrate : “ Mi sono fatto bello per andare bello da un bello”. Io devo rassomigliare a chi amo.

Appagamento vuol dire abolizione dei retaggi : “ … la Gioia non ha alcun bisogno di eredi o di bambini – La Gioia vuole se stessa, l’eternità, la ripetizione delle stesse cose, essa vuole che tutto resti com’è”.  – L’innamorato appagato non ha alcun bisogno di scrivere, di trasmettere, di riprodurre.

Un koan buddhistico dice : “ Il maestro tiene a lungo sott’acqua la testa del discepolo; poco a poco le bollicine d’aria si diradano; all’ultimo momento , il maestro tira fuori il discepolo e lo rianima: quando desidererai la verità come hai desiderato l’aria, allora saprai cos’è”.

Attesa   Tumulto d’angoscia suscitato dall’attesa dell’essere amato in seguito a piccolissimi ritardi ( appuntamenti, telefonate, lettere, ritorni).

L’attesa è un incantesimo : io ho avuto l’ordine di non muovermi. L’attesa di una telefonata si va così intessendo di una rete di piccoli divieti, all’infinito, fino alla vergogna: proibisco a me stesso di uscire dalla stanza, di andare al gabinetto, addirittura di telefonare ( per non tenere occupato l’apparecchio) ; per la stessa ragione , io soffro se qualcuno mi telefona; l’idea che di lì a poco dovrò uscire, correndo così il rischio di essere assente al momento dell’eventuale chiamata riconfortante, del ritorno della Madre, mi tormenta. Tutti questi diversivi sono dei momenti perduti per l’attesa, delle impurità d’angoscia, poiché, nella sua purezza, l’angoscia dell’attesa esige che io me ne stia seduto in una poltrona con il telefono a portata di mano, senza far niente.

Dice un proverbio cinese : “Il punto più in ombra , si trova sempre sotto la lampada”.

Cicerone, prima, e Leibniz, poi, hanno contrapposto gaudium e laetitia. Gaudium è il “ piacere che l’anima prova quando considera sicuro il possesso di un bene presente o futuro, ed un bene è in nostro possesso quando è in nostro potere il poterne godere quando lo vogliamo”. Laetitia è un piacere allegro, “ uno stato nel quale il piacere predomina in noi” ( in mezzo ad altre sensazioni talvolta contraddittorie).

Erano appena arrivati alla stazione di ***, e lui, senza dir niente, aveva subito individuato su un tabellone, la dislocazione della seconda classe e del vagone ristorante;  il punto in cui avrebbero dovuto aspettare il treno sembrava essere così lontano, proprio in fondo al marciapiede, in curva, che egli non aveva osato prendere la precauzione, a ben guadare un po’ maniaca,  di condurvi  X … ; la cosa, pensava, sarebbe sembrata una pusillanimità , una ossequiosa sottomissione al codice delle ferrovie : il rispetto delle indicazioni , la paura di essere in ritardo, il fatto di perdere la testa in una stazione , non sono forse sintomi di manie senili, di atteggiamenti mentali da pensionati?  E se poi si fosse sbagliato? Che scena penosa sarebbe stata quella di correre lungo il marciapiedi, arrancando, carichi di pacchetti! – E tuttavia fu proprio quel che avvenne: il treno arrivò alla stazione e si fermò molto lontano. X … lo baciò in fretta e corse in avanti ;  lo stesso fecero alcuni giovani villeggianti in costume da bagno. Da quel momento, egli non vide più nulla, salvo, laggiù in fondo, la parte terminale, tozza, dell’ultimo vagone. Nessun cenno, ( non era possibile), nessun addio. Il treno non partiva. Egli non osava tuttavia muoversi, andarsene, quantunque fosse assolutamente inutile che restasse dov’era. Una sorta di costrizione simbolica ( la fortissima costrizione d’un piccolo simbolismo) lo obbligava a restare là, fino a che il treno ( con X … dentro) non fosse partito. Se ne stava perciò immobile, come uno stupido, non vedendo niente, eccetto il treno là in fondo, senza che nessuno lo vedesse, sul marciapiede deserto – finalmente impaziente che il treno partisse.  Ma andarsene via per primo sarebbe stato una colpa che l’avrebbe tormentato per un pezzo”.

Simposio: Fedro “ Se un uomo che ama fosse scoperto a commettere qualche bassezza […] non soffrirebbe così acerbamente se fosse visto dal padre […], quanto se lo fosse da colui che egli ama.

La gelosia è un’equazione a tre termini permutabili ( indecidibili): si è sempre gelosi di due persone contemporaneamente: io sono geloso di chi amo e di chi lo ama. L’odiosamato ( il “rivale”) è anche amato da me: esso m’interessa, m’incuriosisce, mi affascina.

Spesso, noi verifichiamo che un soggetto che scrive non possiede affatto la scrittura della sua immagine privata : chi mi ama “ per quel che sono”, non mi ama per la mia scrittura ( e io ne soffro). Senza dubbio, amare contemporaneamente due significanti nello stesso corpo, è troppo. Ciò avviene assai di rado. E se per caso si verifica, allora è la Coincidenza, il Bene Supremo.

Un pazzo che scrive non è mai del tutto pazzo; è un falsificatore : non è possibile fare alcun Elogio della Pazzia.

L’esuberanza è la Bellezza. La cisterna contiene, la fonte trabocca”.

Nel lutto reale, è la “prova di realtà” a mostrarmi che l’oggetto amato ha cessato di esistere. Nel lutto amoroso, l’oggetto non è né morto né lontano. Sono io a decidere che la sua immagine deve morire ( e questa morte, io potrò addirittura arrivare a nascondergliela). Per tutto il tempo che durerà questo strano lutto, dovrò portare il peso di due infelicità tra loro contrarie: soffrire per il fatto che l’altro sia presente ( e che continui, suo malgrado, a farmi del male) e affliggermi per il fatto che egli sia morto ( se non altro, che sia morto quello che io amavo). Cosicché mi angoscio ( vecchia abitudine) per una telefonata che non arriva, ma nello stesso tempo devo dirmi che questo silenzio è, in ogni caso, inconseguente, poiché io ho deciso di non aspettarmi più niente: il telefonarmi, dipendeva soltanto dall’immagine amorosa; scomparsa quell’immagine , sia che suoni che non suoni, il telefono riprende la sua futile esistenza.

Sebbene sia giustificato da un’economia – l’immagine muore affinché io viva – il lutto amoroso ha sempre uno strascico : una frase viene ripetuta in continuazione : “ Che peccato!”

Niente di più straziante che una voce amata e stanca: voce estenuata, rarefatta, per non dire esangue, voce che viene da in capo al mondo, che va ad inabissarsi in remotissime acque fredde: essa sta per scomparire, così come l’essere stanco sta per morire: la stanchezza è l’infinito , la cosa che non finisce di finire.  Questa voce breve, corta, quasi sgraziata a forza di laconicità, questo quasi niente della voce amata e distante, diventa dentro di me un groppo gigantesco, come se un chirurgo mi stesse ficcando a forza nella testa un grosso tampone di cotone.

Werther : “ Le arance che avevo messo da parte, e che oramai erano le sole che fossero rimaste, ebbero un effetto meraviglioso, solo che ad ogni spicchio ch’essa per cortesia doveva spartire con una vicina indiscreta, provavo un colpo al cuore”.

Non significa dunque niente, per voi, essere la festa di qualcuno?

Quando amo, sono molto esclusivo”, dice Freud ( che prenderemo qui come modello della normalità). Essere gelosi è essere conformi alle regole. Rifiutare la  gelosia (“essere perfetto”), significa quindi trasgredire una legge.

Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero d’esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.

Proust : ( il gabinetto odoroso d’iris, a Combray) “ Destinata ad un uso più particolare e più volgare, quella stanza […] mi servì per lungo tempo di rifugio, senza dubbio perché era la sola che mi fosse permesso chiudere a chiave, in tutte le occupazioni che invocano un’inviolabile solitudine: la lettura, la fantasticheria, le lagrime e la voluttà”.

La Rochefoucauld : “ Vi sono persone che se non avessero mai sentito parlare dell’amore non sarebbero mai state innamorate” ( massima 136).

Stendhal : “ Prima che nasca l’amore, la bellezza è necessaria come insegna; avvia alla passione attraverso le lodi che si sentono rivolgere alla persona che si amerà” ( Dell’amore, 26).

Pensiero razionale : tutto si aggiusta – ma tutto ha una fine. Pensiero amoroso: niente si aggiusta – e tuttavia le cose vanno avanti lo stesso.

Così è la vita:

Cadere sette volte

E rialzarsi otto

All’io-ti-amo vengono date risposte mondane di diverso  genere: “io no” , “non ci credo”, “perché dirlo?”, ecc. Ma il vero respingimento è : “non c’è risposta” : io vengo annullato in modo più sicuro se sono respinto non solo come soggetto domandante, ma anche come soggetto parlante ( come tale, ho se non altro la padronanza delle formule); è il mio linguaggio, ultimo appiglio della mia esistenza, che viene negato, non la mia domanda.

e tu mio altro senti un po’ quando ti deciderai a rispondermi ho nostalgia di te ho voglia di te sogno di  te per te contro te rispondimi il tuo nome è un profumo diffuso il tuo colore spicca tra le spine fa’ che il mio cuore si riabbia con del vino fresco fammi una coperta di mattino io sto soffocando sotto questa maschera pelle drenata livellata niente esiste a parte il desiderio”.

Essendo desiderio, la lettera d’amore attende la sua risposta; essa ingiunge implicitamente all’altro di rispondere : se questo non avviene, la sua immagine si altera, diventa altra. E’ appunto ciò che spiega autorevolmente il giovane Freud alla sua fidanzata : “ Ma non voglio scrivere sempre senza risposta, e smetterò se non rispondi a tono. Continui monologhi sull’essere amato, cui manchino un correttivo e un rinnovamento da parte dello stesso soggetto amato, portano a farsi idee sbagliate sul rapporto reciproco e all’estraniamento, quando ci si trova di nuovo e ci si sente diversamente da come si era creduto, senza garanzia”. (Chi accettasse le “ingiustizie” della comunicazione, chi continuasse a parlare con leggerezza, con tenerezza, senza che gli si risponda, acquisterebbe una grande padronanza: quella della Madre).

Spesso il bambino autistico osserva le proprie dita che stanno manipolando oggetti ( ma egli non guarda gli oggetti) : questo è il twiddling. Il twiddling non è un gioco; è una manipolazione rituale , contrassegnata da un certo numero di aspetti stereotipati e compulsivi. La stessa cosa avviene per l’innamorato in preda alla loquela: egli manipola la sua ferita d’amore.

Qui e là, sugli alberi, resistono ancora le ultime foglie, e io resto spesso pensieroso dinanzi a loro. Contemplo una foglia e la mia speranza vi s’aggrappa. Quando il tempo la fa muovere, trema tutto il mio essere, e se cade, ahimè, è la mia speranza che cade con lei”.

E’ indegno di un animo nobile spargere intorno a sé le angosce che lo tormentano” ( Clotilde de Vaux)

Tao : “ Emanando da una matrice unica, Non- Essere e Essere si differenziano solo per i loro nomi. Questa matrice unica si chiama Oscurità. – Oscurare questa oscurità, ecco la porta di tutte le meraviglie” ( Tao Tè Ching).

Il segno distintivo dell’animo moderno non è la menzogna, ma l’innocenza, che è incarnata nel falso moralismo. Fare ovunque la scoperta di questa innocenza, ecco forse la parte più ributtante del nostro lavoro”.

( Rovesciamento storico: ciò che è indecente non è più la sessualità, ma la sentimentalità – censurata in nome di ciò che, in fondo, non è che un’altra morale).

Da cent’anni a questa parte , si ritiene che la follia (letteraria) consista in questo: “Io è un altro”: la follia è un’esperienza di spersonalizzazione . Per me, soggetto amoroso, essa è invece esattamente il contrario: ciò che mi rende pazzo è il fatto di diventare un soggetto, di  non potermi impedire di esserlo. Io non sono un altro: questo è ciò che constato con sgomento.

Pazzo è colui che è puro di ogni potere.  – Come sarebbe? L’innamorato non conosce l’eccitazione che deriva dal potere? L’asservimento è pur sempre una cosa che mi riguarda: asservito, ma desideroso di asservire, anch’io sento a mio modo la brama di potere, la libido dominandi: non dispongo forse anch’io , al pari dei sistemi politici, di un discorso ben fatto, sciolto, articolato? Tuttavia, ed ecco la mia particolarità, la mia libido è assolutamente circoscritta : non ho altra dimora all’infuori della dualità amorosa: non un solo atomo all’infuori di questo e, quindi, non un solo animo di gregarietà : io sono pazzo: non perché io sia originale, … ma perché sono tagliato fuori da ogni forma di socialità . [ …] io non socializzo.

Nietzsche : “ Che cosa significa il nichilismo? Che i valori superiori si sviliscono . Mancando i fini, non c’è risposta alla domanda “a che pro?”.

Cosa sono mai le parole? Una lacrima sola dice assai di più”.

Diderot : “ La parola non è la cosa, ma un lampo alla luce del quale la si scorge”.

A un tratto gli vennero in mente le sue sventure: non si muore di dolore, altrimenti egli sarebbe morto in quell’istante”.

La scenata è dunque interminabile, come il linguaggio: essa è il linguaggio stesso, colto nel suo infinito, in questa “adorazione perpetua” la quale fa si che, da quando esiste l’uomo, non smetta di parlare.

Nello spazio della parola , colui che viene per ultimo occupa una posizione di predominio, tenuta, secondo un privilegio stabilito, da professori, presidenti, giudici, confessori: ogni contesa verbale … mira al possesso di quel posto ; con l’ultima parola, io disoriento, “ liquido” l’avversario, gli infliggo una ( narcisistica) ferita mortale, lo riduco al silenzio, lo castro della sua parola.

Due grandi miti ci hanno fatto credere che l’amore poteva, anzi doveva , sublimarsi in azione artistica: il mito socratico ( amare serve a “generare una moltitudine di belli e magnifici discorsi”) e il mito romantico ( io produrrò un’opera immortale scrivendo la mia passione).

Ciò che blocca la scrittura amorosa è l’illusione di espressività … Bisognerebbe che qualcuno m’insegnasse che non si può scrivere senza tradire la propria “sincerità”  … Quello che la scrittura richiede e che nessun innamorato può concederle senza subire una perdita , è di sacrificare un po’ del suo immaginario, e di garantire così attraverso la sua lingua l’acquisizione di un po’ di reale.

Francois Whal : “Nessuno può elevarsi alla “sua” lingua senza sacrificarvi un po’ del proprio immaginario e in questo modo, nella lingua, qualcosa opera sulla base del reale”.

Nel linguaggio sensuale , tutti gli animi conversano fra loro senza aver bisogno di nessun altro linguaggio, poiché esso è il linguaggio della natura”.

Sapere che non si scrive per l’altro, sapere che le cose che sto per scrivere non mi faranno mai amare da chi io amo, sapere che la scrittura non compensa niente, che è precisamente là dove tu non sei: è l’inizio della scrittura.

Freud alla sua fidanzata : “ Mi fa soffrire l’essere impotente a testimoniarti il mio amore”. E Gide: “Tutto nel suo comportamento pareva dire : dato che non mi ama più, non m’importa più di niente. Orbene, io l’amavo  ancora, e anzi non l’avevo mai amata tanto; ma non mi era più possibile dargliene una prova. E questa era la cosa più terribile”.

Che cosa ho da invidiare ai “sistemati” che mi circondano? … ciò che invidio nel sistema è una cosa assai modesta … molto semplicemente io voglio, io desidero una struttura … Certo, la struttura non dà la felicità; ma ogni struttura è abitabile, e questa è forse la sua migliore definizione. Io posso benissimo abitare ciò che non mi rende felice; posso lamentarmi, e al tempo stesso continuare a restare dove sono.

Volere sistemarsi , significa volere procurarsi, perpetuamente, un ascolto accondiscendente. In quanto sostegno, la struttura è separata dal desiderio: ciò che io voglio è semplicemente essere “mantenuto”, così come lo è un ( o una) prostituto (a) di rango superiore.

L’amore accieca: questo proverbio è falso. L’amore spalanca gli occhi, rende chiaroveggenti: “ Di te, su te, io posseggo tutto il sapere”.

Freud : “ Un uomo che dubiti del suo proprio amore può, o meglio deve dubitare di qualsiasi altra cosa meno importante”.

Perché infelicità vi sia, bisogna che il bene stesso faccia male”

Se non fosse che è nella “natura” del delirio amoroso il fatto di passare, di scemare da solo, nessuno e niente potrebbe mai porvi fine.

La mia forza sta nella mia debolezza”

Tranquillamente seduto  senza far niente, la primavera arriva e l’erba cresce da sola”.

Tao : “ Non da sé vede perciò è illuminato, non da sé s’approva perciò splende, non da sé si gloria perciò ha merito, non da sé s’esalta perciò a lungo dura”

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Interviste

Non bisogna lasciarsi impressionare dai deprezzamenti di cui è oggetto il sentimento amoroso. Bisogna affermare. Bisogna osare. Osare amare …

Ho distinto tra ciò che ho chiamato il rapimento, cioè il momento in cui siamo rapiti dall’immagine dell’altro … momento unico, anche se a volte ce ne accorgiamo a cose fatte, e l’incontro, che ho definito piuttosto come un periodo. L’incontro è il periodo che segue immediatamente il rapimento, il periodo felice  … in cui abbiamo una sorta di perpetua meraviglia nello scoprire l’altro, nello scoprire quanto l’altro si attagli a noi,  nello scoprire che si potrebbe – e si potrà – essere felici con l’altro.

Per un intellettuale d’oggi essere innamorato significa veramente piombare nell’ultima solitudine.