Il contratto a tutele crescenti prevede una protezione, in caso di licenziamento illegittimo per i lavoratori a tempo indeterminato. Dette tutele sono state riviste sia dal legislatore, con l’incremento dei minimali e dei massimali (Decreto Legge 87/2018, cd Decreto Dignità), che dalla Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 194/2018, ha dichiarato incostituzionale il criterio di determinazione dell’indennità spettante al lavoratore basato sull’anzianità di servizio (art. 3, comma 1, del D. Lgs. n. 23/2015). Show La disposizione, secondo la Consulta, contrasta con: In considerazione di ciò, il giudice, nel rispetto dei limiti (minimo 6 e massimo 36 mensilità) in cui va quantificata l’indennità, dovrà tener conto non solo dell’anzianità di servizio ma anche degli altri criteri, già conosciuti per le tutele ai
lavoratori ex “articolo 18”: Proprio in virtù delle recenti modifiche, è il caso di evidenziare le tutele applicabili, esclusivamente per i lavoratori in tutele crescenti e cioè assunti:
Licenziamenti illegittimi – Imprese con più di 15 dipendenti
Licenziamenti illegittimi – Imprese fino a 15 dipendenti
Vale la pena ricordare che c’è la possibilità di erogare una somma totalmente esente ai fini contributivi e fiscali per il pagamento delle indennità o parte delle indennità sopra descritte. In seguito al Decreto Dignità, l’offerta conciliativa che prevedeva la somma, di una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, passa ad un minimo di 3 ed un massimo di 27 mensilità (prima era minimo 2 e massimo 18). L’importo dovrà essere erogato, dal datore di lavoro, unicamente mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. Vediamo, anche in questo caso, quando dovranno essere applicati i nuovi valori ovvero i valori previsti dalla previgente formulazione. Il datore di lavoro può offrire al lavoratore licenziato, entro i termini di impugnazione stragiudiziale (60 giorni dalla ricezione della comunicazione scritta del licenziamento) e mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare, un importo di ammontare pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio. Offerta conciliativa proposta dal 14 luglio 2018 – in misura non inferiore a 3 e non superiore a 27 mensilità per le aziende oltre i 15 dipendenti (requisito dimensionale previsto dall’articolo 18, commi 8 e 9, dello Statuto dei Lavoratori) – in misura non inferiore a 1,5 e non superiore a 6 mensilità per le aziende sotto i 16 dipendenti La somma, come sopra calcolata, non è assoggettata a contribuzione previdenziale ed è esente da IRPEF. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa, a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro, saranno soggette al regime fiscale ordinario. Ricordo che l’offerta conciliativa, così come disciplinata dall’articolo 6, del decreto legislativo 23/2015, è valida solo se effettuata in una delle sedi conciliative previste dal legislatore (articolo 2113, quarto comma, del codice civile, e articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276): – la Commissione di Conciliazione presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro (art. 410 c.p.c.), – la sede sindacale (art. 410/411 c.p.c.), – la Commissione di Conciliazione ed arbitrato prevista dal CCNL (art. 412-ter c.p.c.), – il Collegio di Conciliazione ed arbitrato irrituale (art. 412-quater c.p.c.), – la Commissione di Certificazione (articolo 82, comma 1, del decreto legislativo n. 276/2003). Inoltre, l’accettazione dell’assegno circolare, da parte del lavoratore, comporta le seguenti conseguenze: – l’estinzione del rapporto (alla data del licenziamento) – la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta – il diritto, per il lavoratore, alla indennità di disoccupazione (NASpI), qualora ci siano tutti gli elementi prescritti ma non ad altre ed eventuali pendenze intercorse nel rapporto di lavoro per le quali dovrà essere stanziata un nuovo importo. Cosa prevede il Jobs Act in caso di licenziamento?Nella stragrande maggioranza dei casi di licenziamento, pertanto, il Jobs Act prevede in favore del lavoratore un risarcimento di tipo esclusivamente economico, determinato secondo l'unico criterio dell'anzianità di servizio. Questo, almeno, fino alla pronuncia di illegittimità costituzionale – parziale – dell'art.
Quanto tempo deve passare tra un licenziamento a una nuova assunzione?Le norme non fissano una finestra temporale in cui l'azienda è inibita a procedere con nuove assunzioni. Tuttavia la prassi vuole che trascorrano almeno 60 giorni ovvero il termine entro il quale il dipendente licenziato può impugnare il provvedimento a suo sfavore chiedendo il reintegro.
Cosa è cambiato con il Job Act?Il Jobs Act ha cambiato anche la disciplina delle mansioni. Se in passato il datore poteva assegnare al dipendente mansioni diverse da quelle di assunzione (o da quelle da ultimo svolte) solo nel rispetto del limite della c.d. “equivalenza”, la scelta più recente è stata di ampliare il raggio d'azione per le imprese.
Quando si applica il Jobs Act?Le nuove tutele previste dal Jobs Act si applicano agli assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 o coloro il cui rapporto sia stato trasformato da contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato sempre dal 7 marzo 2015 ovvero dalla medesima data stabilizzato dopo un periodo di apprendistato.
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