Tumore alla prostata con metastasi alle ossa

Si parla di tumore alla prostata metastatico quando la neoplasia si diffonde agli organi vicini con effetti sulla sopravvivenza a 5 anni dei pazienti.
Le cellule si staccano dal tumore originario e attraverso il flusso sanguigno o il sistema linfatico raggiungono altre sedi generando i cosiddetti tumori secondari.

Il tumore alla prostata colpisce circa 1 uomo su 8, ma nelle forme meno aggressive la sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 100%.
Nel cancro alla prostata distinguiamo 4 stadi, il terzo e il quarto corrispondono alle forme più aggressive.
Genericamente abbiamo:
• Stadio I e II, il tumore è nella fase iniziale e rimane localizzato alla prostata
• Stadio III, localmente avanzato, cioè si è diffuso ai tessuti vicini
• Stadio IV, il cancro ha “aggredito” gli organi circostanti come le ossa, i linfonodi, il fegato e i polmoni.
Quando il tumore inizia a crescere di dimensione, compaiono i primi sintomi di tipo urinario, come necessità di urinare spesso, ematuria, emospermia e la sensazione di non avere mai la vescica vuota.

Quali sono i sintomi delle metastasi del tumore alla prostata?

In generale, i sintomi rilevati sono stanchezza, malessere e dimagrimento.
Come anticipato, gli organi coinvolti dalla progressione del tumore alla prostata metastatico sono: le ossa, i linfonodi, i polmoni e il fegato.

I sintomi variano in base alla localizzazione delle metastasi.
Nel tumore alla prostata metastasi ossee, più dell’80% dei pazienti presenta lesioni scheletriche, avvertendo forti dolori, fratture e compressione del midollo spinale.
Quando il cancro è esteso ai linfonodi, essi sono ingrossati e duri ed è frequente la comparsa del linfedema, perché le cellule tumorali non permettono il normale deflusso della linfa.

Nel caso del fegato, i pazienti soffrono di malessere generalizzato, perdita di appetito e di peso, ascite, ittero e prurito sulla pelle; mentre nel caso della diffusione ai polmoni, sono frequenti fiato corto, tosse, versamento di liquido nella cavità pleurica e infezioni polmonari.

Terapie ormonali nella cura del tumore

In base all’uso delle terapie atte a controllare l’espansione delle metastasi, distinguiamo due tipi di tumore: ormono-sensibile (deprivazione androgenica) e resistente alla castrazione.
Nel primo caso, il tumore risponde positivamente alla terapia ormonale, che è usata per ridurre i livelli di ormoni maschili come il testosterone e gli androgeni.
Gli ormoni sessuali maschili sono responsabili, infatti, della crescita del tumore, quindi controllarli significa rallentare la malattia.

Esistono registri diversi di terapia ormonale, spesso usati in sequenza, che hanno condotto a ottimi risultati nel miglioramento della qualità e aspettativa di vita.

La chemioterapia affianca la cura ormonale.

Nel tumore prostatico resistente alla castrazione, il paziente è resistente all’eliminazione degli ormoni maschili sia tramite la chirurgia che la terapia ormonale.
In questi casi, si fa ricorso alla chemioterapia in aggiunta alla terapia ormonale, con l’uso del docetaxel, per via endovenosa.
Quando il tumore è esteso a livello osseo, si privilegia la terapia radiometabolica: alcuni radiofarmaci riescono a trovare posizione nelle aree di turnover osseo e distruggere le cellule tumorali.
Infine, le terapie a bersaglio molecolare e gli inibitori di PARP hanno ottenuto ottimi risultati nelle ricerche, soprattutto con pazienti con mutazioni BRCA.

Conclusione:

Il carcinoma prostatico è diventato, negli ultimi anni, il più diffuso tra la popolazione maschile, ma terapie personalizzate e innovative hanno portato a un decremento della mortalità e a una prognosi migliore per i malati affetti dalle forme più aggressive.

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Gleason score: aggressività del tumore prostatico

Fattori ambientali e genetici nello sviluppo del cancro prostatico

I tumori della prostata costituiscono oltre il 20 per cento circa di tutte le nuove diagnosi di tumore nei maschi, con un numero atteso ogni anno in Italia di circa 40 mila casi, prevalentemente in età superiore ai 65 anni.
Fattori ereditari e la razza nera possono predisporre allo sviluppo di questa neoplasia, oltre al sovrappeso e a un’eccessiva assunzione di grassi animali.

Prevenzione

Non esistono consigli specifici per ridurre lo sviluppo del tumore alla prostata, salvo la raccomandazione generale di adottare uno stile di vita sano, controllare il peso corporeo, limitare assunzione di grassi animali a favore di frutta e verdura fresche e non assumere steroidi a scopo anabolizzante.

L’utilizzo del PSA come metodo di screening di massa sulla popolazione generale rimane molto controverso in quanto non esiste un valore soglia affidabile per discriminare con sicurezza gli uomini ammalati; inoltre, poiché una buona parte dei casi evolve in modo molto lento, è stato calcolato che sarebbe necessario trattare circa 30 pazienti per prevenire una singola morte per tumore della prostata. Quindi la decisione se eseguire o meno il test del PSA in uomini senza disturbi urinari deve essere presa solo dopo un’accurata discussione, con il medico di medicina generale o con lo specialista urologo, sui possibili rischi legati a tale scelta, rappresentati dall’esecuzione di biopsie inutili o di interventi chirurgici per forme poco aggressive che possono anche, semplicemente, essere tenute sotto osservazione.

Sintomi

La maggior parte delle neoplasie prostatiche viene diagnosticata, senza che vi siano particolari sintomi, a seguito del riscontro di valori anomali di PSA nel sangue.
Altre volte sono presenti disturbi minzionali con difficoltà a urinare (sintomo causato più frequentemente dall’ingrossamento benigno della ghiandola prostatica o ipertrofia prostatica) oppure dolori ossei o anemia legati alla diffusione a distanza della neoplasia.

Diagnosi

Nel sospetto di un tumore della prostata è indicata una visita dallo specialista urologo che, oltre a eseguire un’esplorazione digitale della prostata attraverso il retto, richiede il test del PSA più eventuali altri esami del sangue e delle urine ed esami radiologici quali ecografia o tomografia assiale computerizzata (TAC) o risonanza magnetica nucleare (RMN) dell’addome con mezzo di contrasto. È, però, sempre necessaria la diagnosi istologica tramite l’esecuzione delle biopsie della prostata. Il punteggio di Gleason (che va da 6 a 10) è un fondamentale parametro di valutazione dell’aggressività della malattia.

Cura

La terapia del tumore della prostata in fase localizzata varia a seconda dell’estensione e dell’aggressività del tumore, ed è fortemente condizionata anche dalle condizioni generali e dalle malattie concomitanti presenti nel paziente. Le principali alternative sono:

  • sorveglianza attiva, che consiste nel monitorare periodicamente l’evoluzione del tumore (se a basso rischio) senza effettuare nessuna terapia specifica fino a quando esso non si ingrandisca o crei disturbi al paziente;
  • asportazione completa della prostata o prostatectomia;
  • radioterapia esterna o brachiterapia;
  • trattamento ormonale;
  • trattamenti combinati rappresentati da combinazione di radioterapia e ormonoterapia oppure chirurgia seguita da radioterapia.

Quando invece la malattia tumorale coinvolge altri organi, come le ossa o i linfonodi o, più raramente, fegato e polmoni, il trattamento principale è la terapia ormonale con o senza aggiunta di chemioterapia (docetaxel). Si possono poi utilizzare altri farmaci di tipo ormonale (abiraterone ed enzalutamide) oppure chemioterapia (docetaxel, cabazitaxel) o farmaci che emettono radiazioni all’interno delle ossa malate (alfaradin-Radio 223), secondo una sequenza che varia da paziente a paziente in base alla storia clinica, aggressività del tumore, risposta alle terapie precedenti, effetti collaterali manifestati, scelta del paziente, etc.
Scopo di queste terapie è controllare i sintomi correlati alla presenza del tumore, migliorare la qualità della vita e prolungare la sopravvivenza.

Al fine di prevenire le fratture ossee e i crolli vertebrali, nei pazienti con metastasi ossee è fondamentale l’utilizzo di terapie che rinforzano la matrice ossea (biosfosfonati o denosumab) associate a vitamina D, oltre che ricorrere a consulenze con il radioterapista e l’ortopedico per il trattamento dei siti in cui l’osso è maggiormente indebolito.

Per la migliore gestione del paziente con tumore della prostata, lo IOV utilizza un approccio multidisciplinare al fine di coordinare al meglio le attività dei diversi specialisti e garantire al paziente l’accesso a tutte le opzioni di trattamento.

Follow up

Il follow up oncologico rappresenta un’importante attività per coloro che, sottoposti a chirurgia e/o alle terapie oncologiche, sono liberi da malattia pur mantenendo un rischio di ricaduta variabile nel tempo. Il follow up ha lo scopo di identificare precocemente il possibile ritorno della neoplasia, anche se non sempre si traduce in un miglioramento della sopravvivenza. A tal proposito è utile programmare esami del sangue e radiologici a intervalli cadenzati, più frequentemente nei primi anni e meno assiduamente col passare del tempo. Inoltre durante le visite di controllo vengono sorvegliate le tossicità tardive dei trattamenti a cui il paziente è stato sottoposto e possono essere corretti stili di vita disfunzionali.

Quanti anni si può vivere con metastasi alle ossa?

I pazienti presi in considerazione in questo studio, affetti da metastasi ossee, hanno presentato nell'85% dei casi una sopravvivenza inferiore ai 21 giorni.

Quanto si vive con tumore alla prostata metastatico?

Il tumore prostatico metastatico non è curabile ma, nonostante ciò, la maggior parte dei pazienti ha la stessa aspettativa di vita dei soggetti senza tumore della prostata di pari età e in condizioni generali simili. La percentuale di sopravvivenza a 5 anni è, infatti, di oltre il 99%.

Quando il tumore alla prostata arriva alle ossa?

Il tumore della prostata può arrivare a coinvolgere anche le ossa, ma grazie a terapie specifiche è possibile affrontare anche questa situazione. Il tumore della prostata può arrivare a coinvolgere anche le ossa, ma grazie a terapie specifiche è possibile affrontare anche questa situazione.

Cosa fare in caso di metastasi ossee?

Le opzioni di trattamento più comuni per le metastasi ossee comprendono la chirurgia per stabilizzare un osso debole o rotto, la radioterapia e alcuni farmaci per controllare il dolore e prevenire un'ulteriore diffusione della malattia.