Quanto durano i sintomi del colon irritabile

 Si manifesta con irregolarità intestinale, tensione addominale e dolore più o meno intenso: lo specialista ci spiega cos’è e come si cura l’intestino irritabile.

La sindrome del colon irritabile, o sindrome dell’intestino irritabile, è una condizione molto comune e debilitante che colpisce circa il 50% degli italiani, in prevalenza donne (con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini).

Se non trattata opportunamente, questa patologia può peggiorare e diventare anche cronica.

Il dottor Fausto Lella, responsabile dell’unità operativa di endoscopia digestiva e gastroenterologia del Policlinico San Pietro, ci spiega che cos’è, quali sono i suoi principali sintomi, come si diagnostica e come si cura.

I sintomi

Spiega il dottore che guida un team multidisciplinare in grado di inquadrare e trattare al meglio questa patologia: “Il colon irritabile è un disordine funzionale dell’apparato gastrointestinale, cioè una malattia che altera le funzioni dell’apparato digerente, in particolare del colon.

È caratterizzato principalmente da dolore addominale e alterazioni dell’alvo (problemi nella defecazione), sintomi comuni anche in altre patologie gastrointestinali, cosa che la rende una malattia non sempre facile da diagnosticare”.  

I sintomi tipici della sindrome da colon irritabile sono:

·      dolore addominale diffuso o localizzato ai quadranti inferiori dell’addome (intestino e colon);

·      diarrea e/o stipsi;

·      distensione addominale con gonfiore e presenza di gas;

·      nausea;

·      vomito;

·      difficoltà a digerire;

·      disfunzioni sessuali (dolore durante il rapporto e calo della libido); 

·      alterazioni urinarie.

“Questi sintomi – avverte il dottor Lella - possono essere più o meno intensi, a seconda della gravità della patologia, ma anche dalla posizione assunta. E di solito tendono a peggiorare nei periodi di forte stress”.

La causa

“Le origini esattenon sono ancora state identificate. Fino a pochi anni fa si attribuiva il tutto a un’alterazione della motilità intestinale, ovvero della funzione intestinale, dovuta a un squilibrio della flora batterica di stomaco e intestino.

Per questo motivo questa malattia veniva anche definita colite spastica. Secondo le più recenti ricerche è emerso che la causa scatenante questa patologia è l’alterazione del microbiota o della flora batterica intestinale”.

Microbiota e salute dell’intestino

Per capire le cause di questa patologia, bisogna quini approfondire meglio il funzionamento del microbiota e le sue implicazioni sul benessere dell’intestino: “Il microbiota è l’insieme di tutti i microrganismi che ‘abitano’ dentro e sulla superficie dell’intestino.

In particolare comprende la flora batterica: circa 400 specie batteriche, sia anaerobiche (bifidobatteri) localizzate principalmente nel colon, sia aerobiche (lattobacilli), concentrate in modo particolare nel tenue. Inoltre, include miceti (funghi), clostridi (batteri) e virus.

In condizioni normali, l’insieme di tutti questi microrganismi è in perfetta simbiosi con l'organismo e garantisce l'integrità della mucosa intestinale”.

Il microbiota svolge numerose funzioni essenziali per la salute del nostro intestino. Per prima cosa favorisce i processi digestivi e l’assorbimento.

Infatti, i batteri fermentano il materiale ingerito e producono degli acidi grassi a catena corta come: l'acido acetico, propionico e butirrico.

Queste molecole sono molto importanti, poiché rappresentano una fonte energetica per l'intestino e contribuiscono a rafforzarne l'effetto barriera.

La popolazione batterica produce anche sostanze antimicrobiche, grazie alle quali impedisce l'adesione di patogeni e previene dai principali disturbi gastrointestinali (colite, diarrea, costipazione, etc.).

Tale effetto è potenziato dall'ostacolo fisico che la microflora ‘amica’ esercita occupando i possibili siti di adesione alle pareti dell'intestino.

Infine, rafforza il sistema immunitario intestinale con un’azione pro-infiammatoria”.

La diagnosi: i criteri

Come si diagnostica la sindrome dell’intestino irritabile?

Spiega lo specialista: “Secondo i Criteri stabiliti a Roma del 2016, la diagnosi della sindrome dell’intestino irritabile si basa principalmente sulla storia clinica e sull’anamnesi del paziente, senza bisogno di indagini più invasive”.

Questi criteri, definiti da una commissione internazionale per definire la diagnosi e guidare il trattamento dei disordini funzionali gastrointestinali, stabiliscono che a soffrire di questa patologia sono persone che accusano dolore addominale presente almeno un giorno a settimana nei precedenti 3 mesi e associato a cambiamento della frequenza della defecazione, di forma e consistenza delle feci.

“Inoltre, sempre sulla base dei criteri, la malattia può assumere diverse forme, come la sindrome del colon irritabile con predominante stipsi, con predominante diarrea, mista e non classificabile”.

Il ruolo dell’alimentazione

“L’educazione alimentare è molto importante. Ci sono infatti alimenti che contribuiscono a peggiorare il problema, perché non vengono digeriti in maniera appropriata, richiamano acqua e creano gonfiore e tensione addominale”, illustra il medico.

Questi vengono raggruppati sotto l’acronimo F.O.D. M.A.P.:

·      Fermentabili;

·      Oligosaccaridi (zuccheri presenti nei cereali che contengono glutine e legumi);

·      Disaccaridi (nel latte e nei derivati);

·      Monosaccaridi (zuccheri semplici contenuti nella frutta, nei succhi di frutta e miele);

·      Polialcoli (nei funghi, cavolfiori e nei dolcificanti artificiali).

Tra gli alimenti da evitare ci sono la caffeina, gli alcolici e le bevande eccitanti che tendono a irritare la mucosa intestinale e intensificare ansia e stress.

In alcuni casi la sindrome del colon irritabile può essere associata, inoltre, all’intolleranza al glutineanche in assenza di conclamata celiachia: in questi casi una dieta priva o a ridotta quantità di glutine può aiutare a migliorare i sintomi.

“Fondamentale per evitare che i sintomi peggiorino – dice il dottor Lella - è ripristinare la flora intestinale, assumendo probiotici. E’ quindi consigliabile consumare regolarmente lo yogurt (meglio se al naturale)”.

 La cura

“Poiché i sintomi variano così tanto da persona a persona, è compito dello specialista valutarli attentamente e scegliere, sulla base della tipologia e dell’intensità dei fastidi, la migliore terapia” spiega lo specialista.

Il trattamento farmacologico per la sindrome dell’intestino irritabile prevede l’utilizzo di farmaci antispastici e antidepressivi, ma - come detto in precedenza -, va calibrato sulla base della sintomatologia.

Ad esempio: “Se la persona soffre prevalentemente di diarrea, saranno indicati i farmaci che riducono la motilità dell’intestino.

Viceversa, se l’intestino è pigro, occorreranno farmaci lassativi che aiutino il transito intestinale. Fondamentale in ogni caso è non affidarsi al fai da te, ma seguire le indicazioni dello specialista”, conclude il dottore. 

Dove fa male se si ha il colon irritabile?

La sindrome del colon irritabile si presenta con: Dolore o fastidio addominale: in genere è localizzato nella parte inferiore dell'addome; può essere di tipo continuo o crampiforme e di solito migliora dopo l'evacuazione.

Qual è il miglior farmaco per il colon irritabile?

Tra i prodotti farmacologici che possono risultare utili in presenza di sindrome del colon irritabile, rientrano:.
Gli integratori di fibra, come lo psyllium o la metilcellulosa. ... .
I lassativi osmotici, come il latte di magnesia o il glicole polietilenico. ... .
Gli antidiarroici, come il loperamide..

Che fastidi da il colon irritabile?

Non esiste una vera e propria causa scatenante della sindrome del colon irritabile. Il fattore che porta alla sua comparsa potrebbe essere correlato ad intolleranze alimentari, ad alterazioni della flora batterica intestinale, all'utilizzo costante di alcuni farmaci, ad infezioni del tratto digestivo.

Cosa succede se non si cura colon irritabile?

La sindrome del colon irritabile, o sindrome dell'intestino irritabile, è una condizione molto comune e debilitante che colpisce circa il 50% degli italiani, in prevalenza donne (con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini). Se non trattata opportunamente, questa patologia può peggiorare e diventare anche cronica.